Ilaria Alpi. La mamma della giornalista e la Federazione nazionale della Stampa chiedono alla procura di Roma di riaprire l'inchiesta "Troppe le lacune e i depistaggi"

di redazione 01/02/2017 CULTURA E SOCIETÀ
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Non solo non sono stati trovati esecutori materiali e mandati degli omicidi di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, uccisi a Mogadiscio il 20 marzo 1994, ma chi doveva assicurare giustizia, e onorare la memoria dei due giornalisti del Tg3, ha invece creato un falso colpevole, Hashi Omar Hassan, oggi libero dopo aver scontato 16 anni di carcere in forza di una condanna per omicidio diventa definitiva.

Lo hanno fatto per coprire i veri assassini?

La procura di Roma riapra l'inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Horavatin, a partire dalle «lacune e dai depistaggi» che a distanza di 23 anni hanno impedito si arrivasse alla verità. A chiederlo non è solo la mamma della giornalista Rai e i suoi legali ma un ampio fronte che vede schierati la Federazione nazionale della Stampa, l'Usigrai, e Valer Verini, capogruppo del Pd in Commissione Giustizia.

Punto di partenza - è stato spiegato in una conferenza stampa - dev'essere la sentenza con la quale nell'ottobre dello scorso anno la Corte d'appello di Perugia ha assolto l'unico condannato, il somalo Hasci Omar Hassan,che si era sempre proclamato innocente; sentenza che, dice Verini, «ha confermato quello che la famiglia, i legali, il mondo dell'opinione pubblica democratica hanno sempre saputo: Ilaria Alpi e Miran Hrovatin sono stati assassinati perchè avevano scoperto traffici illeciti di armi e rifiuti all'ombra della cooperazione internazionale». Se si arrivasse effettivamente a un nuovo processo, la Fnsi è pronta a costituirsi parte civile e non è escluso che la stessa scelta potrebbe essere fatta anche dalla Rai.

Non si sa, ma ci fu certamente un depistaggio delle indagini da parte di uomini dello Stato – anche se non si può applicare la legge che introduce il reato, fortemente voluta da Paolo Bolognesi, approvata solo lo scorso 2 agosto. È certo che sono corrosive le motivazioni con cui la Corte di Appello di Perugia ha stabilito l’innocenza di Hashi, ma solo dopo che una giornalista, Chiara Cazzaniga di "Chi l'ha visto" è andata in Inghilterra a trovare l’accusatore Ahmed Alì Rage, più noto come Gelle, il quale, davanti al suo microfono, ha ritrattato tutto.

La mamma di Ilaria, Luciana, indomita ha ringraziato Chiara: “Sei una brava giornalista, anche se sei ancora una free lance”. In una affollatissima conferenza stampa alla Camera organizzata dal deputato del Pd Walter Verini («questa vicenda segna l’importanza del giornalista d’inchiesta in Italia») insieme a Beppe Giulietti, presidente della Federazione nazionale della stampa, («nel caso Alpi il depistaggio non è una categoria dell’animo, ma un certo insabbiamento delle indagini»), Luciana Alpi, insieme al suo avvocato Giovanni D’Amati, spiega che andrà dal procuratore di Roma Giuseppe Pignatone a chiedere giustizia e si appella al capo dello Stato Mattarella: “Legga le motivazioni della sentenza che assolve Hashi: come è stato possibile colpire un innocente e non fare le indagini?”

Pensate che Hashi non è mai stato sul luogo dell'agguato, ma era all'interno dell'ambasciata americana, dall'altra parte della città. La ricostruzione che lo inchioda viene bollata come «falsa» e «contraddittoria». Chi parlò dicendo il falso, Gelle, connazionale dell'uomo finito in carcere, scomparve alla fine degli anni Novanta dopo aver deposto davanti all'autorità giudiziaria senza neanche mai essersi sottoposto alla prova dibattimentale.


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